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Il giardino secondo natura

Il giardino secondo natura

Qualche regola e la via che ci ha portato al biologico.

Perché le piante possono essere in difficoltà:

  • Terreno inadeguato.
  • Siccità.
  • Eccesso d’acqua, ristagni.
  • Fitopatologie.

Impariamo dagli eventi.

2003 siccità estiva prolungata e temperature molto alte, conseguente moria di piante soprattutto negli anni successivi, diffusione di scolitidi su conifere e altri patogeni su piante in difficoltà.

2016 siccità invernale – alla ripresa vegetativa problematiche varie, maggiore incidenza di funghi patogeni come Armillaria su piante già debilitate per altre motivazioni. Diffusione di Scolitidi su piante già in sofferenza.

2017 gelicidio, le piante in giardino che erano state seguite ed irrigate nei vari periodi di siccità, ormai sempre più frequenti, hanno mostrato estrema elasticità dei tessuti, piegate dal ghiaccio in modo drammatico allo scioglimento si sono riprese senza danni, le piante dei boschi, dei viali o di giardini poco irrigati hanno subito spaccature di rami importanti.

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Da questi pochi esempi possiamo comprendere come molti patogeni attaccano le piante in difficoltà, quindi, come per il corpo umano è importante una vita sana, mantenere le piante in salute è la base di tutte le possibili cure.

Scegliere il biologico significa prevenire già in fase di progettazione del giardino, studiando terreno, clima ed esposizione, osservando la vegetazione spontanea, studiando la dimensione finale delle piante per evitare potature dannose. In fase di gestione del giardino l’intervento viene fatto nel rispetto dei microrganismi che popolano il terreno, cercando di riportare con le giuste integrazioni quelle sinergie che spesso inquinamento, trattamenti pregressi eccessivamente invasivi o anche eventi naturali estremi hanno interrotto.

Le regole sono:

  1. Scegliere la pianta giusta e la giusta composizione nello spazio disponibile.
  2. Scegliere concimi naturali, humus, microrganismi da integrare al terreno.
  3. Intervenire con antagonisti, come per esempio le coccinelle per gli afidi, i nematodi per gli oziorrinchi, il tricoderma contro i funghi patogeni.
  4. Scegliere prodotti poco invasivi, prendendo coscienza del fatto che anche un prodotto biologico può portare alterazioni e squilibri.
  5. Imparare ad accettare i cicli della natura, rispettare il secco, utilizzare le foglie per pacciamare, fornendo utili rifugi agli insetti, accettare qualche piccolo difetto e ricalibrare l’occhio sul verde naturale e non forzato da concimi fortemente rinverdenti.
  6. Osservare, osservare, osservare! La natura, un prato, una pianta ci dice molto più di quanto possiamo immaginare da una prima occhiata distratta, ci insegnano anche a sopportare la sofferenza, oppure a scoprire la bellezza delle piante naturalmente secche in inverno.

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Vi faccio un esempio pratico:
Osservate un’ortensia macrophylla, quelle classiche, “della nonna”, nelle calde giornate estive, spesso lasciano che le foglie si affloscino per far fronte all’eccessiva traspirazione di acqua da, ma, senza il nostro intervento alla sera nelle ore più fresche si riprendono perfettamente. Se noi a fronte di questa strategia di difesa aumentassimo l’irrigazione potremmo andare incontro a marciumi radicali o del colletto, oppure a fronte di ripetute osservazioni potremmo ritenere giustamente di aumentare un poco l’irrigazione.
L’argomento porterebbe a mille esempi pratici, a tantissime considerazioni, ma, il consiglio è quello di partire da ciò che più vi intriga quando trascorrete del tempo in mezzo alla natura.

La Nostra riscoperta del biologico.

Quando cominciai ad occuparmi di piante, mi ritrovai ad ascoltare e a dover imparare tecniche “tradizionali”, imparai come diserbare, come usare insetticidi ed acaricidi, osservavo come, senza concime le piante fossero meno gradite a molti occhi.
Stefano dal canto suo, pur avendo molto rispetto per le piante e l’ambiente, era stato, in passato, seguito da agronomi e fitopatologi che tendevano a preoccuparsi di risolvere il problema contingente con la chimica, pur raccomandando ed insegnando come migliorare le pratiche agronomiche.

Nel frattempo, il corso della vita ci mise di fronte ad eventi che portavano a riflessioni più profonde, diventando genitori il desiderio di concorrere a migliorare i luoghi dove sarebbero cresciuti i nostri figli ha reso insopportabile l’idea di contrastare i problemi del vivaio con prodotti che non creavano equilibrio, ma, andavano semplicemente ad eliminare temporaneamente un problema.

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Dentro di me una vocina insistente ripeteva, “non va bene affidarsi a quella che sembra la via più semplice”, allora ho cominciato a studiare, chiedere e osservare.

Trascorrevo ore ad osservare le rose, gli afidi, le coccinelle e tanti altri meravigliosi insetti che seguivano il loro istinto e mi sono ritrovata a provare le stesse sensazioni di quando da bambina mi isolavo in un bosco, mentre i miei genitori tagliavano la legna per i nonni, in una vigna dove si occupavano delle viti e giocavo con la terra, osservavo i lombrichi, giocavo con cani, gatti e caprette. Non amavo molto stare in mezzo alla confusione, mentre adoravo farmi sorreggere dal vento che soffiava forte, arrampicarmi sugli alberi e stare lì ad ascoltare la natura.

Piano piano abbiamo imparato a gestire con gentilezza la bellezza del vivaio e del giardino, oggi né io né Stefano torneremmo alle tecniche dell’agricoltura convenzionale, non solo perché riteniamo di essere parte di quel delicato equilibrio naturale che merita rispetto e cura, ma anche perché ci siamo resi conto che nel medio periodo i risultati sono molto più soddisfacenti utilizzando i sistemi meno invasivi a nostra disposizione.

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